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Zero marce? Zero problemi.

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ScelgoZero ha sostenuto il viaggio di due eroi contemporanei.

Un viaggio assurdo, folle, incredibile, e proprio per questo li abbiamo sostenuti.

Perché apprezziamo chi sa lottare per un obiettivo, chi crede in sè stesso più che agli altri, o forse solo perché amiamo le avventure.

Dopo tutto azzerare le bollette per noi è davvero l’avventura più grande d’Italia.

Abbiamo chiesto quindi ai protagonisti di questa traversata di raccontarcela a parole loro. Questo è il risultato.

L’avventura a zero marce di Andrea e Roberto

“Non siamo supereroi.

Siamo due amici prima di tutto, personal trainer uno e fisioterapista l’altro. 15 anni di amicizia tenuta in piedi con palloni da basket, idiozia, playstation e ora dalla bicicletta.

Siamo due sciroccati, quindi le cose normali non ci piacciono. Le nostre biciclette non hanno le marce, altrimenti sarebbe troppo facile. Le abbiamo chiamate Maurizia e Santa Rita da Cascia, rispettivamente: famosa trans gender e Santa protettrice degli impossibili.

Perché senza marce? Perchè ci piace fare fatica, ci piace meritarci i nostri traguardi. E perché siamo stupidi. Vedi i nomi.

Ma il vero motivo è perché ogni tanto bisogna sedersi ed osservare, e la posizione comoda delle nostre inadatte biciclette ci permette di farlo. Per osservare non puoi andare veloce, altrimenti non ti godi ciò che vedi. La velocità non è una prerogativa dei nostri mezzi di locomozione.

Andiamo all’estero! San Marino non è in Italia. Questa era la sintesi della nostra idea di viaggio.

Attraversiamo la pianura padana per poi salire a San Marino, facile.

Siamo partiti da casa, Centenaro, ed è stupendo poter partire da casa: ciao, io esco, vado a San Marino.

Siamo scesi lungo il Mincio per arrivare a Mantova. Ma la prima sosta è stata a Borghetto, dove abbiamo inavvertitamente turbato una povera bambina, chiedono alla madre di farci una fotografia. Sfido voi a non piangere se due scemi vestiti allo stesso modo vi strappano alle braccia di vostra madre.

Arrivati a Mantova, abbiamo incontrato alcuni amici per pranzo e fatto un breve giro in centro. Nessuno ha pianto.

La prima giornata è terminava ad Ostiglia, paesello lungo gli argini del Po. Qui il sabato sera le attività sono talmente frizzanti che alle 22:30 eravamo a letto. Almeno la pizza e una birra le abbiamo trovate.

Il giorno seguente dovevamo raggiungere Ferrara. Il tragitto è risultato piuttosto scorrevole, percorrendo l’argine del Po, non avevamo troppi margini d’errore.

Abbiamo sbagliato strada.

E per non farci mancare nulla, la mattina abbiamo goduto della freschezza di un temporale estivo. A salvarci è stata Valentina, un’allegra e allo stesso tempo inquietante signora, che ci ha permesso di sostare sotto al suo capanno. Difficilmente rimuoveremo dalla nostra mente la sua risata e il colore giallo e marrone del suo splendido sorriso.

Ferrara ci ha sorpresi. E’ bella, ed è altrettanto bello girare per il centro storico. Un posto calmo, con tanta storia e fascino. Andateci, visitatela a piedi, ma è ancora meglio in bicicletta.

Il giorno dopo abbiamo raggiungo Ravenna, passando per non si sa quale motivo da Sant’Alberto. Una volta arrivati ci siamo chiesti del perché fossimo giunti in quel minuscolo paese sotto alla valle di Comacchio.

Volevamo vedere il lago.

Questo fa intendere le capacità organizzative che ci caratterizzano.

La cosa strana di questo posto era il fatto che per raggiungerlo era necessario prendere un traghetto. Una chiatta per la verità. Nel 2018. Per 20m da sponda a sponda. Insomma c’è un uomo che fa avanti e indietro tutto il giorno su una chiatta. Ma un ponte?

Giunti a Ravenna non avevamo ancora trovato un posto dove dormire e dopo una serata passata con un vecchio amico, le birre ci hanno dato la direzione giusta da prendere: non dormire.

Con 90km nelle gambe dal mattino, almeno un litro di birra a testa e pochi grammi di cervello funzionanti, decidiamo di dirigerci verso il lidi ravennati per scendere a sud verso Cesenatico e proseguire poi per Cesena.

L’idea era evitare strade statali o peggio, come le tangenziali. Ma una volta raggiunti i lidi, scopriamo che la strada non era percorribile dalle nostre povere biciclette: le strade sterrate danno quella sgradevole sensazione di perdere bulloni, una cosa non rassicurante alle 2 del mattino, non sobri. Optiamo quindi per raggiungere la statale che collega Ravenna e Cesena.

Per farlo, con un tasso alcolemico discutibile e altrettanto discutibile ignoranza, abbiamo scavalcato il guard rail di un frequentata tangenziale per raggiungere la strada che avremmo dovuto percorrere.

Da quel punto, fino all’arrivo a Cesena, si è creato una sorta di vuoto spazio-temporale. Ho vari e sfocati ricordi tra cui: Roberto sudato che dice di aver visto un uomo nudo fermo nel suo giardino; dei gustosi flauti alla stracciatella divorati davanti ad un benzinaio; cani che ci spaventano a morte per livelli epici di adrenalina; Roberto post allucinazioni che sostiene di essersi fatto un viaggio mentale di un’ora; un buio così buio che anche i fari ci hanno abbandonato. Citazione preferita di quella notte: “Io non vengo più”.

Ma per fortuna la tratta si è conclusa alle 4 e 50 del mattino, grazie a quella santa ragazza di Valentina (omonima e decisamente meno inquietante), che ci ha ospitati e offerto un letto in cui poter dormire.

Viste le condizioni di arrivo, il giorno seguente lo abbiamo dedicato al riposo più totale.

Ultima tappa: da Cesena a San Marino.

Quando dico che siamo stupidi, non lo dico per scherzare. Il dislivello totale per raggiungere la piccola repubblica è di 650m. Noi eroi, pensavamo fossero solamente 300m.

Ma questo lo abbiamo scoperto una volta arrivati.

Perché siamo arrivati sul serio. Percorrendo gli ultimi 3km con non si sa quali energie, un tendine infiammato, un trapezio contratto, le gambe bollite, 250l di sudore e due cuori grandi come San Marino stessa. “Ti ammazzo,se quando arriviamo ho ancora energie, giuro che ti ammazzo”: la dolcezza e la passione con cui il mio compagno di viaggio mi seguiva era impareggiabile.

Non mi ha ammazzato, mi ha abbracciato. Perché non fai una cosa del genere se non vuoi bene a qualcuno.

Non abbiamo ancora ben capito cosa ci ha permesso di salire fin la sopra. Testa, cuore. Gambe ben poche.

Forse perché sappiamo cosa vuol dire mettersi alla prova e sia la mente che il corpo volevano riassaporare quella sensazione. Per me in particolare è stata una grossa rivincita, mi ha ricordato che posso farcela, che scegliere la propria strada, se pur folle, è sempre una cosa giusta. Tanto meglio se ti scegli il compagno giusto.

E se quando arrivi piangi, allora sei arrivato sul serio.”

 

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