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Oggi il termine smart working è più che mai diffuso, soprattutto dopo l’ondata Covid che ha dovuto costringere numerose persone a lavorare da casa, nonostante non l’avessero mai fatto.
In effetti, con il termine smart working si generalizza spesso tutto il telelavoro. In realtà esiste una differenza tra smart working e quello che moltissime persone svolgono come telelavoro, ovvero il remote working.
Sono molte le figure che si sono trovate a dover avere a che fare con il lavoro a distanza durante l’emergenza sanitaria: docenti, settore amministrativo, aziende network marketing e tante altre figure professionali, hanno dovuto continuare a svolgere il proprio lavoro da casa.
Sia il telelavoro che lo smart working sono approcci lavorativi resi possibili dagli strumenti informatici di cui si dispone. Da un punto di vista normativo però – non solo teorico – i rapporti tra le aziende e i dipendenti sono profondamente diversi.
Se si escludono i lavoratori freelance ed i liberi professionisti che utilizzano ogni giorno gli strumenti tipici dello smart working, concentrandosi solo sui lavoratori dipendenti, le persone che in Italia svolgono un reale lavoro in smart sono circa 7%, mentre solo il 5% è sottoposto a un regime di telelavoro.
Possiamo dire che lo smart working sia l’evoluzione del remote working, in quanto è stato reso possibile dall’innovazione degli strumenti digitali e dalla diffusione sempre più ampia della connettività.
Attraverso lo smart working il dipendente può svolgere la propria attività fuori dall’azienda, e scegliere in completa autonomia sia gli orari che il luogo di lavoro, senza dover necessariamente avere una postazione fissa. In poche parole, si può decidere quando e come portare a termine gli obiettivi durante la giornata… Senza alcun tipo di vincolo, se non quello di raggiungere alcuni risultati.
Il successo dello smart working risiede nella capacità di cambiare ed innovare il pensiero e le azioni di manager e dipendenti, svincolandosi da orari e posto di lavoro, tramite fiducia, responsabilità e cooperazione.
Molti dipendenti che lavorano per guadagnare con il network marketing e la vendita diretta, ma anche architetti, grafici, professionisti del settore medico e molti ancora, hanno stipulato un contratto con la loro azienda che gli permette di lavorare in reale regime di smart working, potendo scegliere di svolgere l’attività professionale in un ambiente di co-working, in casa, in albergo o al bar, e in qualsiasi momento della giornata.
Attraverso lo smart working le aziende guadagnano un’efficienza ed una produttività maggiore, poiché si è visto che i dipendenti lavorano meglio.
I lavoratori, d’altro canto, possono gestirsi il tempo come desiderano, soprattutto quelli più smart, che potranno permettersi di lavorare anche meno di 8 ore al giorno, se riescono a svolgere le mansioni in meno tempo. Ciò porta ad un lavoro più mirato, meritocratico ed intelligente.
La flessibilità ed adattamento di cui abbiamo parlato non sono presenti nel telelavoro, che è invece il semplice trasferimento della postazione lavorativa del dipendente al di fuori del luogo di lavoro.
In questi casi infatti si deve sempre rispettare un orario lavorativo e si deve comunicare una sede da dove si sta svolgendo l’attività professionale.
Con il telelavoro si è quindi sempre vincolati da orari e luogo di lavoro, ciò che cambia è che si può lavorare da casa (e solo da casa) attraverso gli strumenti digitali ed informatici.
Lo smart working permette di lavorare solo sugli obiettivi evitando di sprecare il proprio tempo in ufficio anche quando c’è meno lavoro da svolgere. Nel remote working invece tanti dipendenti sono vincolati alle 8 ore al giorno ma non sono incentivati a lavorare per obiettivi da raggiungere.
Per questo lo smart working è stato da molti adottato come soluzione ideale e verrà prolungato anche in seguito alla pandemia.
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